~53~
angeli
apteri
sette
querce
pellicce
corte
mezze
saette
centomila
borse
-Angela
(“angeli”) arrivava alle sette e mezza (“s ette”;
“mezze”)
e mia madre (“querce”) era già pronta a uscire per
prendere
il pullman (“saette”). Eppure si tratteneva spesso
in
frenetiche chiacchiere (come faceva la maestra Sperandio,
nicknameri
“tomi polimeri”,“tomi” in “centomila”, al suo
arrivo
al doposcuola, nicknameri “panda menzogneri”) che le
sarebbero
costate una corsa alla, per fortuna vicina, fermata...
Addirittura
Angela, avendo iniziato a promuovere borse, giocò
proprio
sul frettoloso frangente (“angeli apteri”, infatti, intende
“angeli
senza ali”) per concludere le vendite ! Mia mamma, per
evitare
che Angela si dilungasse e le facesse perdere il pullman,
sceglieva
una borsetta in pochi secondi e voilà, “solo”
centomila
lire ! E che dire del visone di mamma, a lungo
corteggiato
da Angela
? La sua corte (“pellicce corte”) era
sempre
più spietata al sopraggiungere dell'inverno... “Borse”
contiene
pure “orse” esprimendo, come di consueto, i disegni
di
Roselline (“rose” da “orse”); la baby-sitter
mostrava
particolare
simpatia per i motivetti floreali, invece la
sottoscritta
preferiva gli animali (“corte” esprime anche il detto
“le
bugie hanno le gambe corte”: infatti, detestando i disegni
in
generale, me li facevo piacere !) ...-
~54~
piume
boeri
vano
diverbio
brooklyn
di faggio
micce
minacce
tabacchi
querce
-Una
sera, per divertirmi, rivolsi un fucile giocattolo contro mia
madre
(“querce”) minacciando degli spari: sebbene i proiettili
fossero
solo morbide ventose, lei mi strappò di mano il fucile e
lo
privò delle munizioni (“micce”). “Vano” sta per il posto
dove
si verificò il diverbio, il divano (“vano” si lega al “di”
del
“brooklyn di faggio”). Per essere sicura di non correre più
pericoli,
buttò tutte le munizioni in un posto impossibile da
raggiungere,
un terrapieno su cui si radunavano i piccioni
(“piume”)
al
fine di rimediare
qualche briciola. “Tabacchi”
intende
il rapporto dei miei genitori con il fumo. Mia madre
aveva
avuto quel vizio da giovane e mio padre (“faggio”) era
stato
impressionato dalla morte del nonno avvenuta proprio per
tale
motivo. Mi aveva raccontato che, durante la guerra, le
sigarette
erano una sorta di cibo per i soldati. In seguito la
dipendenza
aveva raggiunto livelli tali da non riuscire più a
smettere
! Ecco che mio papà aveva preferito orientare il suo
interesse
sui cicles, in particolare su quelli della famosa marca
“Brooklyn”
che teneva in macchina... Avevo scoperto, fra i
giocattoli
dei miei cugini, una mole industriale di pacchetti di
sigarette
e non sapevo se dirlo a mio padre. Chissà (“boh” da
“boeri”)
come avrebbe reagito...-
~55~
menù
berberi
crudi
proventi
giulivi
punti
lazzare
penne
stracotte
querce
-Mia
nonna aveva l'abitudine di far cuocere la pasta almeno
venti
(“proventi”) minuti dal momento che, al dente, era dura.
La
sua specialità erano le penne al pomodoro e, ogniqualvolta
andavamo
a mangiarle, puntualmente mia mamma (“querce ”)
aveva
da ridire sulle stracotte penne che si scioglievano in
bocca:
a suo parere, era più salutare il cibo non troppo cotto
(“crudi
proventi”). In un'altra
circostanza, la colazione, era
possibile
trovare una conferma delle difficoltà di masticazione
dei
nonni: infatti mio nonno intingeva nel tè i noti biscotti
“Lazzaroni”
(“lazzare”) che, solo dopo meticolosa navigazione,
erano
ingeriti. I “giulivi punti” indicano i cartacei punti
destinati
alle numerose raccolte di cui mio zio mi regalava i
giocattolosi
premi. I “menù berberi” sono quelli scritti in modo
barbaro
(ossia quelli dello stampatello malfermo delle
Elementari:
infatti “berberi” sta per “barbari” intendendo chi
non
sa parlare e quindi balbetta perché straniero o, in questo
caso,
troppo piccolo) per la nonna che aveva, quindi, modo di
cucinare
assecondando le mie più ghiotte richieste. Il “re”
in
“lazzare” sta anche per le penne profumate che Stefano
sfoggiava
a scuola: le metteva in bocca a mo' di caramelle !-