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stami
manieri
scalzi
gatti
smorbi
pressi
aria
di faggi
profughi
artigli
-Per
trovare rimedio alla calura estiva, i gatti dei miei zii si
rifugiavano
in una vecchia casa disabitata (“manieri”)
infilandosi
attraverso finestre polverose e provviste di fessure.
Anche
se l'interno ospitava sudiciume e polvere, almeno era
presente
un'invidiabile frescura; così la calura da cui erano
fuggiti
(“profughi”) diventava subito un lontano ricordo...
Mia
nonna aveva l'abitudine
di definire i gatti “smorbi” dal
momento
che, a suo dire, erano così viziati da preferire i
croccantini
sopra a qualsiasi altro cibo, rifiutandosi di predare
ciò
che la campagna poteva offrire loro. “Pressi”, invece, va
con
“faggi”, intendendo la “pressia”, altro termine dialettale
che
sta per “ansia, premura, fretta”: mio papà aveva sempre
fretta
anche se non doveva andare in nessun posto.“Pressi”,
inoltre,
contiene “re” esprimendo, con “artigli”, i graffi dei
gatti
sulle mani (da “manieri”) di Stefano. “S calzi” indica
i
calcetti a piedi scalzi che papà assestava ai gatti ricevendo
tutta
la mia disapprovazione. Se mi avesse pescato (“ami” in
“stami”)
a toccare gli arnesi arrugginiti del laboratorio, sarei
stata
io a ricevere la sua disapprovazione ! La vecchia casa
aveva
una stanza adibita a laboratorio degli attrezzi (per lo più
da
giardinaggio, “stami”): l'intenso odore di vernice era già
indice
di pericolo dal momento che quasi faceva svenire... Ero
stata
vivamente dissuasa dalla curiosa voglia di frequentarla
da
sola: l'unico utensile innocuo che mi faceva usare era la
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zitti
tavolieri
barbari
tuffi
zebre
di dorsi
gilet
d’eclissi
bebè
di faggi
-“Barbari
tuffi” indica i tuffi inesperti
delle lezioni di nuoto;
“barbari”,
in greco, significa “coloro che balbettano perché
non
sanno parlare la lingua greca”: allora sarebbe come dire
“tuffi
balbettanti”. Il maestro di nuoto ci imponeva, al momento
finale
della lezione e quindi quello dei tuffi, di applicare alle
vetrate
le nostre tavolette (“tavolieri”) bagnate, eclissando la
curiosa
visuale dei genitori, in piedi con gli accappatoi (“gilet”)
in
mano. “Zebre di dorsi” intende la deroga di saltare lo stile
dorso
perché mi faceva paura: ero la più piccola alle lezioni
di
nuoto organizzate da Gianmaria, un valido collaboratore
delle
Suore che era anche chiamato a suonare il pianoforte
(“zebre”
esprime il pianoforte essendo il suo manto dello
stesso
colore dei tasti dello strumento musicale) in chiesa.
“Bebè
di faggi” indica i barattoli stracolmi di paciocchini,
piccoli
bebè di plastica che papà mi comprava di fronte al bar
(“bar”
in “barbari”) prima di venirmi a prendere a nuoto.
“Zitti”
intende l'asciugamano raffigurante Titti; pur essendo
minuscolo
era comunque più grande della sottoscritta !
“Zebre”
contiene “re” e si collega al “di do/rsi” intendendo il
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geli
mattinieri
zaini
fragranti
quattro
elefanti
di
selle ruggine
cicogne
tremule
-Al
mattino presto, nonostante il freddo invernale (“geli
mattinieri”),
Angela (“geli”...Cela “angeli” ) desiderava
trascorrere
una bella mezz'ora a chiacchierare con un gruppo
di
mamme che si radunavano di fronte al portone ancora chiuso
della
scuola. Questo avveniva solo dopo essere passate in
panetteria
(“zaini fragranti”, nicknameri “noleggi
graniferi”);“quattro
elefanti” intende quelli all'interno degli
ovetti
kinder: la figlia di una delle mamme che strinse profonda
amicizia
con Angela mi aveva detto, in preda allo sconforto, di
averne
trovati ben quattro uguali ! C'era anche un papà ad
accompagnare
un bambino (si chiamava pure lui
“Stefano”,“re”
in “tremule”); arrivava puntuale sul sellino
della
sua bicicletta a chiacchierare, da seduto, con il suo
vocione
roco (“ruggine” esprime la sua voce arrugginita).
“Cicogne
tremule” sta sia per “Cico ”, il cagnolino tutto ossa e
niente
pelo, tremante durante l'inverno, di un'altra mamma,
amica
di Angela, sia per la tarda gravidanza che generò
il
fratellino, di ben quattordici anni più piccolo, della bambina