martedì 12 giugno 2018

170-172

~170~
dadi rafidiotteri

ardue salite
di foglie truffe
scese carezze
divelte buffe

-“Ardue salite” esprime quelle impervie (“ardue”) che mia
madre ed io dovevamo intraprendere sulle ripide scale della
casa di campagna dove rimasi fino ai due (“due” in “ardue”)
anni. Era anche costretta a fare per due (“non c'è due senza
il t/re” e infatti il “re” è contenuto in “carezze”) dal momento
che ero già insicura nel muovere i miei primi passi, figuriamoci
nel salire una scala... Scendere (“scese”: per ottenere
discese” è necessario sradicare la parola “divelte”,
estrapolandone la sillaba iniziale) era più facile e
piacevole: accarezzavo i gradini da seduta facendomi scivolare,
gradino dopo gradino...“Di foglie truffe” e “divelte buffe”
esprimono la mia maldestra attenzione nel maneggiare le
sorprese kinder di allora, dei puffi (nicknameri “buffi
cupoliferi”) da assemblare di cui persi pezzi e adesivi: gli occhi,
ad esempio, erano più piccoli di una capocchia di spillo !
Dadi rafidiotteri” indica i soffici dadi (quelli delle Suore,
dio” in “rafidiotteri”, esprime elementi sacri, invece,
erano lignei) illustrati che avevano lo scopo di allenare
la memoria e stimolare la logica: in effetti, unendone
le facce, era possibile assemblare una scenetta
diversa a seconda della faccia scelta.-


~171~
morbi noveri

sublimi intrecci
minuti piedi
botole squarci
dondoli faggi

-In campagna le sedie impagliate erano molto diffuse: mia
nonna aveva comprato al mercato delle seggioline in miniatura,
probabilmente dei poggia-piedi (“minuti piedi”); io, tuttavia, le
impiegavo come sedie (erano, per dimensioni, simili a quelle
della scuola materna gestita dalle Suore, “pie” in “piedi”),
essendo piccola a tal punto da riuscire a entrarci ! La tipologia
di sedia che preferivo era quella con botola nascosta: al
momento di alzarsi era possibile sollevarne la base e alloggiare,
all'interno del comodo pertugio, vari oggetti... “Squarci” (in
aggiunta a “quercia”) si rifà al divieto (il “no ” di “noveri”),
imposto da mia madre, di appoggiare anche l'oggetto più
leggero sulle vellutate sedie del soggiorno. Col tempo decisi di
chiamarle “intoccabili”, proprio come gli appestati dell'India
il cui contatto è severamente proibito. In virtù di questo fatto
parevano sempre nuove (“morbi noveri”); “sublimi intrecci”
intende sia quelli perfetti (“tre”, numero perfetto, in “intrecci”)
di paglia delle sedie, sia quelli realizzati con le mani in modo
da formare il noto “seggiolino”. “Dondoli faggi” indica il
timore di mio padre nel vedermi (“morbi” contiene “or bi”:
infatti, in quei frangenti, distoglieva la vista) salire sulla
scricchiolante e precaria sedia a dondolo della camera
da letto. “Intrecci” contiene “re”, ma non ho più pozioni
per spiegare il perché...-



~172~
equi ciclotteri

tragica targa
frittata luna
zoppi querceti
trucchi pasticci

-La scuola accoglieva un laboratorio artistico diretto dalla
mamma (“querceti”) di una bambina della nostra età che
frequentava la sezione accanto. “Zoppi” indica la sua andatura
claudicante. Durante le fasi di colorazione dei nostri lavoretti,
la maestra aveva l'abitudine di passare accanto a ognuno per
monitorare la nostra difficoltà operativa (“luna” ha il
significato di “fasi lunari” intendendo il ciclo di svolgimento
degli artistici lavoretti, di solito oggetti in legno lavorati con il
traforo). Passando dalla sottoscritta, la maestra affermava i l
classico “per te è la solita frittata” volendo intendere che fossi
in perfetta autonomia artistica: ad esempio riuscivo a colorare
e a dipingere senza provocare sbavature e altri errori. Invece
un bambino, che di cognome faceva “Patrucco ” (“trucchi
pasticci”), era un vero pasticcione e, solo grazie al contributo
della maestra, poteva ottenere risultati decenti.“Tragica targa”
rimanda alla targa della macchina di Paperino che Davide era
l'unico della classe a sapere; il numero di quella targa doveva,
infatti, essere scritto su di un quadretto in legno. “Equi
ciclotteri” indica il paragonare l'infinito al cerchio: il fatto
di non riuscire a stabilirne l'inizio e la fine equivaleva
(avevamo appena studiato le equivalenze), per la maestra,
all'idea di “infinito”...-