~170~
dadi
rafidiotteri
ardue
salite
di
foglie truffe
scese
carezze
divelte
buffe
-“Ardue
salite” esprime quelle impervie (“ardue”) che mia
madre
ed io dovevamo intraprendere sulle ripide scale della
casa
di campagna dove rimasi fino ai due (“due” in “ardue”)
anni.
Era anche
costretta a fare per due (“non c'è due senza
il
t/re” e infatti il “re” è contenuto in “carezze”) dal
momento
che
ero già insicura nel muovere i miei primi passi, figuriamoci
nel
salire una scala... Scendere (“scese”: per ottenere
“discese”
è necessario sradicare la parola “divelte”,
estrapolandone
la sillaba iniziale) era più facile e
piacevole:
accarezzavo i gradini da seduta facendomi scivolare,
gradino
dopo gradino...“Di foglie truffe” e “divelte buffe”
esprimono
la mia maldestra attenzione nel maneggiare le
sorprese
kinder di allora, dei puffi (nicknameri “buffi
cupoliferi”)
da assemblare di cui persi pezzi e adesivi: gli occhi,
ad
esempio, erano più piccoli di una capocchia di spillo !
“Dadi
rafidiotteri” indica i
soffici dadi (quelli delle Suore,
“dio”
in “rafidiotteri”,
esprime elementi sacri, invece,
erano
lignei) illustrati che avevano lo scopo di allenare
la
memoria e stimolare la logica: in effetti, unendone
le
facce, era possibile assemblare una scenetta
~171~
morbi
noveri
sublimi
intrecci
minuti
piedi
botole
squarci
dondoli
faggi
-In
campagna le sedie impagliate erano molto diffuse: mia
nonna
aveva comprato al mercato delle seggioline in miniatura,
probabilmente
dei poggia-piedi
(“minuti piedi”); io, tuttavia, le
impiegavo
come sedie (erano, per dimensioni, simili a quelle
della
scuola materna gestita dalle Suore, “pie” in “piedi”),
essendo
piccola a tal punto da riuscire a entrarci ! La tipologia
di
sedia che preferivo era quella con botola nascosta: al
momento
di alzarsi era possibile sollevarne la base e alloggiare,
all'interno
del comodo pertugio, vari oggetti... “Squarci” (in
aggiunta
a “quercia”) si rifà al divieto (il “no ” di “noveri”),
imposto
da mia madre, di appoggiare anche l'oggetto più
leggero
sulle vellutate sedie del soggiorno. Col tempo decisi di
chiamarle
“intoccabili”, proprio come gli appestati dell'India
il
cui contatto è severamente proibito. In virtù di questo fatto
parevano
sempre nuove (“morbi noveri”); “sublimi intrecci”
intende
sia quelli perfetti (“tre”, numero perfetto, in “intrecci”)
di
paglia delle sedie, sia quelli realizzati con le mani in modo
da
formare il noto “seggiolino”. “Dondoli faggi” indica il
timore
di mio padre nel vedermi (“morbi” contiene “or bi”:
infatti,
in quei frangenti, distoglieva la vista) salire sulla
scricchiolante
e precaria sedia a dondolo della camera
da
letto. “Intrecci” contiene “re”, ma non ho più pozioni
~172~
equi
ciclotteri
tragica
targa
frittata
luna
zoppi
querceti
trucchi
pasticci
-La
scuola accoglieva un laboratorio artistico diretto dalla
mamma
(“querceti”) di una bambina della nostra età che
frequentava
la sezione accanto. “Zoppi” indica la sua andatura
claudicante.
Durante le fasi di colorazione dei nostri lavoretti,
la
maestra aveva l'abitudine di passare accanto a ognuno per
monitorare
la nostra difficoltà operativa (“luna” ha il
significato
di “fasi lunari” intendendo il ciclo di svolgimento
degli
artistici lavoretti, di solito oggetti in legno lavorati con il
traforo).
Passando dalla sottoscritta, la maestra affermava i l
classico
“per
te è la solita frittata” volendo intendere che fossi
in
perfetta autonomia artistica: ad esempio riuscivo a colorare
e
a dipingere senza provocare sbavature e altri errori. Invece
un
bambino, che di cognome faceva “Patrucco ” (“trucchi
pasticci”),
era un vero pasticcione e, solo grazie al contributo
della
maestra, poteva ottenere risultati decenti.“Tragica targa”
rimanda
alla targa della macchina di Paperino che Davide era
l'unico
della classe a sapere; il numero di quella targa doveva,
infatti,
essere scritto su di un quadretto in legno. “Equi
ciclotteri”
indica il paragonare l'infinito al cerchio: il fatto
di
non riuscire a stabilirne l'inizio e la fine equivaleva
(avevamo
appena studiato le equivalenze), per la maestra,