martedì 12 giugno 2018

53-55

~53~
angeli apteri

sette querce
pellicce corte
mezze saette
centomila borse

-Angela (“angeli”) arrivava alle sette e mezza (“s ette”;
mezze”) e mia madre (“querce”) era già pronta a uscire per
prendere il pullman (“saette”). Eppure si tratteneva spesso
in frenetiche chiacchiere (come faceva la maestra Sperandio,
nicknameri “tomi polimeri”,“tomi” in “centomila”, al suo
arrivo al doposcuola, nicknameri “panda menzogneri”) che le
sarebbero costate una corsa alla, per fortuna vicina, fermata...
Addirittura Angela, avendo iniziato a promuovere borse, giocò
proprio sul frettoloso frangente (“angeli apteri”, infatti, intende
angeli senza ali”) per concludere le vendite ! Mia mamma, per
evitare che Angela si dilungasse e le facesse perdere il pullman,
sceglieva una borsetta in pochi secondi e voilà, “solo”
centomila lire ! E che dire del visone di mamma, a lungo
corteggiato da Angela ? La sua corte (“pellicce corte”) era
sempre più spietata al sopraggiungere dell'inverno... “Borse”
contiene pure “orse” esprimendo, come di consueto, i disegni
di Roselline (“rose” da “orse”); la baby-sitter mostrava
particolare simpatia per i motivetti floreali, invece la
sottoscritta preferiva gli animali (“corte” esprime anche il detto
le bugie hanno le gambe corte”: infatti, detestando i disegni
in generale, me li facevo piacere !) ...-
 
 
~54~
piume boeri

vano diverbio
brooklyn di faggio
micce minacce
tabacchi querce

-Una sera, per divertirmi, rivolsi un fucile giocattolo contro mia
madre (“querce”) minacciando degli spari: sebbene i proiettili
fossero solo morbide ventose, lei mi strappò di mano il fucile e
lo privò delle munizioni (“micce”). “Vano” sta per il posto
dove si verificò il diverbio, il divano (“vano” si lega al “di”
del “brooklyn di faggio”). Per essere sicura di non correre più
pericoli, buttò tutte le munizioni in un posto impossibile da
raggiungere, un terrapieno su cui si radunavano i piccioni
(“piume”) al fine di rimediare qualche briciola. “Tabacchi”
intende il rapporto dei miei genitori con il fumo. Mia madre
aveva avuto quel vizio da giovane e mio padre (“faggio”) era
stato impressionato dalla morte del nonno avvenuta proprio per
tale motivo. Mi aveva raccontato che, durante la guerra, le
sigarette erano una sorta di cibo per i soldati. In seguito la
dipendenza aveva raggiunto livelli tali da non riuscire più a
smettere ! Ecco che mio papà aveva preferito orientare il suo
interesse sui cicles, in particolare su quelli della famosa marca
Brooklyn” che teneva in macchina... Avevo scoperto, fra i
giocattoli dei miei cugini, una mole industriale di pacchetti di
sigarette e non sapevo se dirlo a mio padre. Chissà (“boh” da
boeri”) come avrebbe reagito...-
 
 
~55~
menù berberi

crudi proventi
giulivi punti
lazzare penne
stracotte querce

-Mia nonna aveva l'abitudine di far cuocere la pasta almeno
venti (“proventi”) minuti dal momento che, al dente, era dura.
La sua specialità erano le penne al pomodoro e, ogniqualvolta
andavamo a mangiarle, puntualmente mia mamma (“querce ”)
aveva da ridire sulle stracotte penne che si scioglievano in
bocca: a suo parere, era più salutare il cibo non troppo cotto
(“crudi proventi”). In un'altra circostanza, la colazione, era
possibile trovare una conferma delle difficoltà di masticazione
dei nonni: infatti mio nonno intingeva nel tè i noti biscotti
Lazzaroni” (“lazzare”) che, solo dopo meticolosa navigazione,
erano ingeriti. I “giulivi punti” indicano i cartacei punti
destinati alle numerose raccolte di cui mio zio mi regalava i
giocattolosi premi. I “menù berberi” sono quelli scritti in modo
barbaro (ossia quelli dello stampatello malfermo delle
Elementari: infatti “berberi” sta per “barbari” intendendo chi
non sa parlare e quindi balbetta perché straniero o, in questo
caso, troppo piccolo) per la nonna che aveva, quindi, modo di
cucinare assecondando le mie più ghiotte richieste. Il “re”
in “lazzare” sta anche per le penne profumate che Stefano
sfoggiava a scuola: le metteva in bocca a mo' di caramelle !-