martedì 12 giugno 2018

86-88


~86~
brevi pantoteri

negri chiacchiere
riccioli scatole
pensili buchi
gomme e così via

-Il libro d 'inglese era intitolato “Chatterbox”, tradotto alla
lettera “scatola delle chiacchiere”: risultava assai prematuro
parlare di chat ! Alla maestra d'inglese (“riccioli”) piaceva
assegnare dei vocaboli da farci imparare a memoria. Alla
promessa di uscire di casa solo dopo averli memorizzati tutti,
li assimilai in poco tempo (“brevi pantoteri”, greca pozione
panta”).“Pensili buchi” indica, in realtà, due vocaboli inglesi,
rispettivamente “pencil” e “book”: “gomme ” sta per un'altra
parola da memorizzare e simboleggia l'interrogazione che mia
mamma mi fece sostenere prima di constatare che li avevo
appresi tutti “e così via”, a fare un giro (l’inglese “go”
per “let’s go” in “gomme”) ! “Negri” è in riferimento alla
protagonista del libro d'inglese, una simpatica detective
di colore con una folta e ricciuta chioma di capelli.
Nella capigliatura assomigliava alla giovane maestra d'inglese:
era molto divertente seguire le sue perigliose indagini
(l’inglese “cat” in “scatole” è un magico inganno: infatti
aiutava l’investigatrice un cane, non un gatto, nicknameri
condanne magisteri”) che si snodavano in dialoghi illustrati.
Il “re” in “brevi” e “chiacchiere”esprime le interrogazioni
simulate con Stefano al doposcuola...-


~87~
tetri versazuccheri

bianchi cibi
faggi aperti
querce pinoli
di cannocchiali

-Mia madre (“querce”) ed io eravamo solite ricevere, durante
l'inverno, la telefonata dei coniugi Denti, due persone anziane
che avevamo conosciuto al mare (“pinoli” contiene “Noli”,
una località balneare in provincia di Savona). Erano così
magri e ossuti che sembravano provenire dall'oltretomba
(le “zucche” di Halloween in “versazuccheri”): a cena
chiedevano spesso solo una tazza di tè (“tè ” in “tetri”).
Il marito, oltre a saper costruire uccellini di carta (avevano un
meccanismo per cui, tirando la coda, muovevano le ali, “ali”
in “cannocchiali”), possedeva un potente cannocchiale e si
divertiva a osservare i passanti dal balcone della camera...
Mi capitava di salutarlo fra la folla che assediava l'ingresso
delle spiagge.“Faggi aperti” intende i due (l’idea di copp ia per
esprimere i coniugi Denti) incisivi di mio padre fra cui era
visibile una fessura a occhio nudo. Quando una sera telefonò
la signora Denti, a mio padre che mi chiese di chi si trattasse,
mimai i miei dentini da latte e lui, ridendo per l'ingegnosa
reazione, riprodusse il mio gesto alla mamma. “Bianchi cibi”
intende una gaffe telefonica: per far capire a mamma che era
al telefono la maestra Bianchi, aggiunsi l'espressione “è quella
che fuma”. Subito mio padre mi redarguì dicendomi che era
come dire un “è quella che va in bicicletta (“bici” in “cibi”)
senza mani”; si trattava, pertanto, di un atto offensivo...-


~88~
sangue pittieri

specchio di panda
proverbi vigna
faggio d’accusa
dottrina accesa

-Le mie due (“bi” di “proverbi”) nonne, soprattutto quella
paterna, detenevano un notevole patrimonio di proverbi,
superstizioni, leggende e profezie... Ad esempio “sangue
pittieri” rievoca l'origine del pettirosso e la leggenda secondo
cui si bagnò il petto del sangue di Cristo per aver beccato la sua
corona di spine... “Specchio di panda” ha un riferimento alla
sorella di mia nonna paterna, di nome Antonia (come il
panda”), prematuramente scomparsa a soli sedici anni.
Il suo decesso era stato preannunciato da parecchi segni (canto
di gallina, crisantemo sbocciato in primavera...) in cui mia
nonna, nel corso della sua esistenza, aveva imparato a dare
ascolto.“Ho le prove”: diceva a mio padre che le mostrava
notevole scetticismo (“faggio d'accusa”) rimproverandole pure
il cornino portafortuna che portava al collo ! Allora lei
raccontava della scomparsa di sua mamma preannunciata
da uno specchio rotto... Anche i “proverbi dei vecchi” erano
preziosi per mia nonna: ad esempio fornivano indicazioni sulla
vendemmia e sulle fasi lunari da monitorare... Anche in questo
caso le critiche di mio padre erano aspre. Nonna Esterina,
detta “Ina” (in “dottrina”), aveva il cruccio di non darmi
diciassette albicocche da portare a casa, ma diciotto
o sedici... Anch'io mi fabbricai la mia superstizione:
consisteva nell'accendere (“a ccesa”) e spegnere le luci di casa
per un numero di volte non nefasto...-