martedì 12 giugno 2018

161-163

~161~
faggi dattiliferi

divini angeli
canali pendoli
dollari inganni
frassini enormi

-In via Dante (“divini”) era situato un negozio di orologi:
in occasione del compleanno di mia cugina (“frassini”), mio
padre (“faggi”) era andato in quel negozio per comprarle uno
Swatch e io, per scherzare, gli avevo chiesto di comprarne uno
anche a me; detto fatto, papà ne comprò due, quasi si trattasse
di insignificanti cioccolatini ! In effetti la mania degli swatch
contagiava tutti, a cominciare da Fausto (“canali”) che, con
la stessa sconvolgente leggerezza, me ne regalò uno prima di
uscire da scuola ! Angela (“angeli”) mi chiese di scambiarle
uno swatch con un orologio da appendere (“pendoli”) al collo,
forse trovato all'interno dei detersivi. Io, naturalmente, accettai
e le ricambiai l’ingannevole favore spacciando per swatch
originale un plasticone pescato alle giostre da papà
all'attrazione “mani acchiappatutto” (“faggi dattiliferi”).
Il cinturino di quell'orologio ostentava la fantasia delle
banconote americane, i dollari. “Frassini enormi” intende lo
Swatch a muro di mia cugina: un metro e mezzo di cinturino che
impiegavamo come misura altezza !-


~162~
squadre paperi

pasqua giuliva
lunga diatriba
pesto cucchiai
milan prozii

-Al ritorno da Messa mia madre ed io ci divertivamo a sfogliare
le patinate riviste dell'edicola a pochi passi dalla Chiesa.
L'edicolante era un milanista accanito, proprio come mio zio
(“giuliva”) e, nel farmi pagare la rivista “Squadra mia”
dedicata all'Inter, non mi risparmiava qualche sarcastico
(e pungente, “ape” in “paperi”) commento del tipo “non so
proprio come fai a comprarla !”.“Squadre paperi” indica le
mascotte della rivista, simpatici paperotti con le casacche delle
squadre di calcio. Di solito scoppiava una lunga diatriba fra
l'edicolante e altri clienti di diversa fede calcistica.
Per magica associazione, viene citata anche la zia, per me
prozia, Pasqua (“pasqua”) dal momento che suo marito, lo zio
di mia mamma, simpatizzava per il Milan e non si perdeva mai
una partita rossonera (aveva pure l'abitudine di segnare i
risultati delle partite su appositi libricini del campionato,
omaggiati da alcune edicole).“Cucchiai” intende sia il
calcistico tiro a cucchiaio sia l'immagine del cucchiaio mentre
sprofonda, a mo' di sabbia mobile, nel barattolo di pesto: la zia
ci aveva invitato a pranzo da lei. Inoltre, a Carnevale, era
praticato (da Stefano, “re” in “squadre”, ad esempio) un
curioso diversivo: occorreva trasportare, senza farla cadere,
una pallina da calcetto (più pesante di quella da ping pong,
almeno !) tenendo in bocca un cucchiaio…-


~163~
acari magazzinieri

tivù residui
dolenti agghindi
proba truffa
vera giraffa

-Si chiamava “La Giraffa” la giocheria del signor Provera:
il cognome del gestore si ricava da “proba” e “vera”. “Dolenti
agghindi” indica le vetrine delle agghindate bambole (“doll” in
inglese) con occhiali (“lenti” in “dolenti”) biforcuti, un vero
tasto dolente per la sottoscritta, più dedita ai giocattoli
maschili. In occasione del periodo pasquale, la Giraffa
aveva escogitato di inserire, all'interno di sgargianti gusci in
plastica, una bella dose di giochi invenduti da tempo, i classici
residui (“robaccia”, “roba” in “proba”) di magazzino (l’acaro
della polvere esprime i polverosi magazzini). La tecnica
truffaldina aveva fatto leva su una moda allora molto sentita,
quella del “Pasqualone”, un uovo pieno di giocattoli
desideratissimi il cui spot televisivo incrementava a dismisura le
richieste. Anche se Stefano (“re” in “residui”) ed io sapevamo
che i Giraffoni erano solo un'imitazione dei Pasqualoni,
insistevamo lo stesso per farceli comprare: era, da una parte,
troppo divertente esclamare i petulanti “è un tarocco !”,“è un
tarocco !” e, dall'altra, era possibile, con gli stessi soldi del
Pasqualone, acquistare ben due Giraffoni… Infatti “acari”
indica anche il contrario di “caro” per magica formula “alfa
privativa”. Maga (“maga” in “magazzinieri”) Nicknameri si
gira (“giraffa”) verso di me e, notando nella sottoscritta, già
abbastanza spazientita (“uffa” in “truffa”), una gran sete di
verità, mi costringe a bere dell’acqua (l’acqua Vera, “vera”).
Allora, placata la mia sete, lascia proseguire l’agone.
Praticando la meditazione molto di frequente, quasi tutti i
concorrenti riuscivano a farmi scendere rapidamente a livelli
profondi di trance, sebbene non fossi per nulla addestrata
all’abbandono ipnotico. Quando le rievocazioni cominciavano
ad affluire alla mia mente, erano visive e piuttosto nitide.-