martedì 12 giugno 2018

310-312

~310~
tacchi gineri

deroga franca
divina penna
viola purea
tela azalea

-In fatto di penne Roberta (“tacchi”) ne sfoggiava un variegato
assortimento (l’ape in “divin/a pe/nna” rievoca il nicknameri
pirati piliferi”); ne possedeva anche una multipla avente la
prerogativa di inglobare al suo interno una gamma di colori
dalla a alla z (“azalea”). Aveva, tuttavia, un difetto oltre al
pregio citato: al momento di cambiare colore e scegliere una
tinta diversa, produceva un ticchettio (“gin/eri”) abbastanza
rumoroso; dal momento che, praticamente tutta la classe era
stata contagiata da quella moda, il rumore era diventato a dir
poco assordante ! E la maestra Franca (“franca”) se ne
rendeva sempre più conto rimproverando ora l'uno ora l'altro
(“purea” contiene “re”, ma intende una pluralità di bambini
rimproverati). La mia penna multifunzione era di colore viola;
al momento del cambio colore non facevo scattare la levetta,
almeno per ridurre l'intensità del rumore ed ero stata elogiata
per questo accorgimento. Anche la maestra Franca aveva
dovuto cedere al fascino di quelle penne (“deroga franca”):
aveva comprato, nella cartoleria di via Dante (“divina”), la
triade “blu, rosso, nero (“gi/neri”)”, smorzando l'ostilità
nei loro confronti. “Tela” sta per l'ultraleggera palla nota
come “Super Tele, esulando dal discorso precedente...
Viola purea” spiega anche l'assurda mania del “re” di
sottolineare i testi con l'evidenziatore viola: alla fine risultava
una poltiglia illeggibile !-


~311~
lumi intraferi

treni decimetri
villani attimi
seggi giulivi
peli moderni

-“Treni decimetri” intende i righellini da dieci centimetri in
legno, proprio come i lignei trenini dell'uovo kinder (i righellini
erano di Davide: “treni”, infatti, è riferito al mestiere di suo
padre, ferroviere).“Villani attimi” narra, come il nicknameri
guasta mestieri”, l'abuso della parola “attimo” (commesso da
Stefano, “re” in “treni”, ad esempio) biasimato dalla maestra
Villa. “Seggi giulivi” indica la sedia in stile moderno di mio zio,
un vero patito di arte contemporanea. Quella sedia aveva un
design troppo rivoluzionario per l'epoca: anche se lo zio
predicava la sua indiscutibile comodità, avevo il timore di
sedermici sopra ! L'ultima sillaba di “seggi” e la prima di
giulivi”, insieme, formano “Gigi”, l'appellativo con cui i miei
(tre, “tre” in “treni”) cugini chiamavano mio padre che, per
loro, era appunto lo “zio Gigi”. All'inizio credevo si trattasse
di un diminutivo temporaneo per agevolare i più piccoli al
cospetto del proibitivo “Pierluigi”: io stessa avevo semplificato
l’ostica “Esterina” nell’accessibile “Ina” su licenza della
nonna... Al contrario notai l'impiego di “Gigi” anche da parte
di mia cugina più grande (più alta, “cime” in “decimetri”:
infatti quasi quindici anni la separavano dal cugino più
piccolo).“Peli” sta sempre per “pile” e indica sia le batterie
che lo zio mi regalava durante le feste (erano utili, almeno:
questa la sua giustificazione) sia le torcette portatili (“lumi
intraferi”: in molti casi erano allegate alle maxi confezioni
di pile) che mio nonno usava nei suoi notturni spostamenti
in bagno...-

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~312~
greci betteri

morbidi corpi
pieni di microbi
flaccide spade
grinze di ring

-Fra i nostri guerrieri giocattolo c'erano i campioni del
wrestling e i corsari realizzati dalla “Soma” (“corpi” intende
il significato italiano del greco nome della ditta). La resa
anatomica era così poco curata che i famosi pugili (“ring”)
sembravano, in realtà, goffi anziani grinzosi ! I corsari di
Stefano (“re ” in “greci”) non andavano meglio (“betteri”
indica il “better” inglese): erano caratterizzati da spade (che
le Suore, “pie” in “pieni”, vietavano a Carnevale, nicknameri
ragni budrieri”) di gomma così flaccide da piegarsi in modo
davvero osceno ! “Pieni di microbi” intende i balocchi dello
studio del pediatra, il dottor Salvi: il fatto che altri bambini li
toccassero, avendo delle patologie (“morbi” in “morbidi”),
induceva mia mamma a non chiederli al medico. Io ribadivo
il desiderio di portarne a casa qualcuno, ma lei ribatteva:
Sono pieni di microbi !” (nicknameri “mari psocotteri”).
Quest'ultima affermazione esprime pure il fatto che,
continuando a sbatterli in terra, alla fine quei pupazzetti
in morbida gomma risultavano inguardabili (“orbi” in
morbidi”), avevano quindi un aspetto disastroso 
(tumefatto,ade” in “spade”) !-


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Fate silenzio: ora sospenderemo la competizione perché
maga Nicknameri e l'indovino Limerick stanno per
scambiarsi gli anelli (l'inglese “ring”), giurandosi amore
(mediante appositi filtri d'amore, ampolle e boccette del
tutto simili ai filtri di nicknameri, in genere creati dagli
sposi) eterno (più che eterno, la promessa
più difficile per i maghi è quella di un amore
umano” ovvero misterioso, vulnerabile e
soggetto alle forze della natura, tutte cose
che i maghi arrivano a sognare, essendo, al contrario,
provvisti di forze tali da riuscire a prevedere
il corso degli eventi…



Quindi si verifica questo paradosso: il mistero, un
privilegio che spesso gli umani non si accorgono di
detenere, per loro, è il dono più bello, ma anche più
chimerico dal momento che non possono sottrarsi ai
loro innati poteri che si perpetrano da millenarie unioni
magiche...). Ecco, allora, che voi lettori siete invitati ad 
associare a un filtro un mistero di cui siete a 
conoscenza, o protagonisti diretti. Sarà il miglior 
presente di nozze che potrete mai fare a dei maghi !



Le nozze fra maghi osservano il seguente cliché:
si comincia con un rinfresco a base di frutta dolce,
nicknameri “sorpassi fruttiferi”, in cui si assiste al bacio,
nicknameri “baci alpieri”, degli sposi, poi il propiziatorio
lancio del riso e, verso la fine, lo scambio degli anelli
magici…”